Cona, Alfaedo e Ceredo: la Lessinia occidentale tra storia, lingua e paesaggio

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Cona, Alfaedo e Ceredo: la Lessinia occidentale tra storia, lingua e paesaggio

Nella Lessinia occidentale, davanti al Corno d’Aquilio e al Corno Mozzo (senza punta) e ai margini delle terre cimbre, si estendeva un’antica comunità montana nota nei documenti come “Comune di Cona con Alfaedo e Ceredo”. Un territorio impervio e frammentato, ma fortemente identitario, come testimoniano mappe, estimi, testamenti e toponimi che ancora oggi disegnano la memoria viva di queste contrade.

Un documento cartografico del 1746 permette di ricostruire il profilo fisico e umano di questa zona. L’antica strada della Rocca Pia, che attraversava le montagne collegando la Repubblica Veneta al Tirolo, era sorvegliata da caselli di guardia, e lungo il percorso si susseguivano contrade come le Coste, gli Adamoli, i Tommasi, il Lavarin con la sua fontana, e la casara della Prealda. La funzione strategica di questo passaggio era chiara già nei documenti del 1634, dove si stabilisce che il comune di Cona con Faè dovesse “tendere” la Rocca Pia in caso di guerra o sospetto contrabbando, su ordine delle autorità veronesi, e a proprie spese.  Sotto queste vette, il paesaggio umano si componeva di piccoli nuclei: Grola, Groletta, Casela, Stifa, Bertasi, Vallene, Ceriel, Busa, Barozze, Campostrin, Veoga, Martelengo, Schinchi, Sant’Antonio ai Boschetti, Fantiboni, Fosse, Vaona, Sant’Anna, Vesarda o Visarda (nome molto antico, forse dall’antico germanico wisa, prato e hardu, duro, “il prato duro”).

Le comunità vivevano in equilibrio tra la proprietà privata e i beni comuni, spesso soggetti a livelli dovuti ad antiche istituzioni religiose come l’Abbazia di San Zeno. La mappa napoleonica del 1811, redatta dopo la soppressione dei beni ecclesiastici, mostra con precisione i prati, i campi e i sentieri del Lavarin, delle Coste e della Diana, fino ai ruderi della Rocca Pia e alla Fontana dei Banditi. Luoghi ancora riconoscibili, segnati dal passaggio di pastori, contrabbandieri e guardie.

La toponomastica testimonia la profondità della presenza germanica, specialmente nell’area di Ceredo, chiamata anche Seré, forse da “cerrus”, il cerro. Contrade come Tanzar (dal tedesco “tanzer”, ballerino), da “Michael q. Christophari ditto Tancer de Cona Faedi, veronensis districtus” (1526); Ronconi, da Andrea detto Roncòn (1500);  Vallen (wallen, trappole?) da cui i Wallen-ar, i Vallenari;  Tortelar,(da tor, porta e telar, piccola valle?); Laita (lait=pendio, riva); Ledro (leder = cuoio); Cescato:  conservano tracce linguistiche cimbre che affondano le radici in una colonizzazione avvenuta secoli prima, così come il toponimo Aneposse, dal cimbro anepoz, incudine. Questa eredità emerge anche nei testamenti antichi: nel 1443, un certo Domenico, figlio di Anzolino (diminutivo di Hans) di Ceredo, chiede di essere sepolto a Sant’Anna di Cona e ordina che i suoi eredi mandino una persona in pellegrinaggio alla chiesa di San Leonardo di Baviera, segno tangibile di un legame ancora vivo con la terra d’origine dei suoi avi: “teneatur et debeant mittere unam personam ad visitandum ecclesiam Sancti Leonardi de Bavuera Allemanie pro anima dicti testatori”.  Lo stesso culto è attestato in altri documenti cimbri della Lessinia orientale.

Nel 1526, Michele Tanzer (danzatore), anch’egli residente a Ceredo, redige il proprio testamento alla presenza del notaio Zuchi. I testimoni provengono da Prun, dai Cristanelli, dai Ronconi, da Castiverio. I soprannomi sono eloquenti: “Pizolo”, forse da “piccolo”; e il “Maulo de Cona”. Castiverio è la malga che segna i confini con la Frizzolana e Ala, luogo di transito e scambio tra genti di montagna. Gli atti confermano come la comunità di Alfaedo vivesse in una rete di relazioni che oltrepassava i confini comunali, intrecciandosi con la Vallagarina, il Trentino e l’altopiano di Erbezzo.

Le famiglie che popolavano queste terre nel Seicento — i Cona, i Ronconi, i Campostrin, i Lavarin, i Tomasi, i Zivelongo, i Beneti, i Boschetto, i Cona, i Dalle Fosse, Dalle Coste, i Dalle Vallene, i Dalla Laita, i Dal Cere, i Del Valen, i Fantibeni, i Marchior, i Provaso, i Roncon, gli Scola, i Vaona, i Valesella (Valicella) — sopravvissero anche alla peste del 1630, e i loro nomi ricorrono nei documenti catastali, negli estimi, nei registri di proprietà, nelle liti confinanti e nei ruoli pubblici. Alcuni cognomi si sviluppano da soprannomi antichi, come nel caso dei Cipriani, figli di Cipriano dal Maciòn (Magiòn), o dei Giacopuzzi, un tempo probabilmente solo un nomignolo.

Anche i beni del monastero di San Zeno, registrati già nel XIII secolo, ci parlano di una Lessinia attorno al Corno d’Aquejo e al Corno Mozzo,  dove l’alpeggio e la gestione collettiva del territorio erano centrali: prati con nomi come Melaro, Costeiole, Lavarine, Grosone, Lofa, Campo Primo, Modius, Lacus Boarus, Provaro de Suptus, Provaro de Supra, Roncho Plano costellavano il paesaggio, e ancora oggi si possono rintracciare sulle mappe antiche. Attorno a questi nomi gravitava un mondo fatto di comunità resilienti, lingue in contatto, economie di sussistenza e confini sorvegliati.

Cona con Alfaedo e Ceredo non era semplicemente un insieme di case sparse tra boschi e pascoli, ma un’entità collettiva viva, in cui la storia passava per i sentieri, i capitelli, i caselli di guardia, le contrade abitate e le voci della lingua cimbra. Ancora oggi, camminando lungo la vecchia strada della Rocca Pia, tra il Coalo Rosso, la Diana e le Concole di Sotto, si avverte il respiro profondo di un territorio che ha saputo custodire le sue radici.

Oggi, tra le contrade di Ronconi, Tanzar, Vesarda, Cescato, Grola e le pendici del Corno d’Aquilio e del Corno Mozzo, si conserva il ricordo di una comunità antica e resiliente. Conoscere i suoi nomi, le sue storie, i suoi testamenti e i suoi sentieri, significa restituirle voce e dignità in un tempo in cui tutto sembrava perduto — ma nulla è stato davvero dimenticato.

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Stefano Valdegamberi

Stefano Valdegamberi, nato a Tregnago il 6 maggio 1970. Dopo il diploma di Maturità Classica, si è laureato in Economia e Commercio. È conosciuto principalmente per la sua figura di politico-amministratore in quanto già sindaco di Badia Calavena, comune ove risiede con la moglie e i tre figli e, in seguito, Assessore e Consigliere della Regione Veneto. Fin dagli anni del liceo ha sempre coltivato la passione per la storia, la linguistica e la cultura locale. Tra i suoi lavori ricordiamo “I nomi raccontano la storia” (2015), “De decimis novalibus” (2018), “Alle origini degli antichi comuni di Saline, Tavernole e Corno” (2021), “Le origini del linguaggio” (2022). È cultore della lingua cimbra, il Taucias Gareida, un tedesco medievale parlato dai suoi antenati della montagna veronese e tuttora usato da pochissimi parlanti del borgo di Giazza (Ljetzan). Il suo ultimo lavoro “Castelvero, la storia millenaria di un feudo vescovile e dei suoi abitanti”

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