Gaza, dal cuore della Lessinia

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Gaza, dal cuore della Lessinia

Un grido alle coscienze in cimbro

La Lessinia è anche lingua cimbra. Una lingua germanica, appartenente al Mittelhochdeutsch, ovvero il Medio Alto Tedesco, la lingua parlata nella Germania meridionale tra il 1050 e il 1350 circa. Fu proprio in quel periodo che popolazioni germaniche emigrarono sui nostri monti.

Questa lingua, un tempo diffusa su tutte le Prealpi veneto-trentine — dall’Adige al Brenta — è oggi sopravvissuta solo in piccole comunità, come quella di Giazza (Ljetzan) nell’Alta Val d’Illasi (Ales-Tal), o a Luserna, nel Trentino.

Oggi desidero condividere con voi uno scritto — un appello alle coscienze — che ho ricevuto in cimbro da una persona madrelingua che ha chiesto di restare anonima.

È un messaggio che invita a non restare indifferenti di fronte alla tragedia che si sta consumando a Gaza, dove bambini in cerca di cibo e acqua vengono trucidati, mentre noi restiamo in silenzio.

Lo scritto mi è stato consegnato in lingua cimbra. Ritengo doveroso riportarlo nella sua forma originale, accompagnato dalla traduzione, affinché possiate cogliere quanto questa lingua, ancora viva e potente, sappia farsi veicolo di messaggi profondi, capaci di scuotere le nostre coscienze dal torpore della complicità.

Buona riflessione.

GAZA

Is ist merur mun a jar una halba, dort ist na tze gashegan: “de ende undar earde” vour me ogan on aljame. 

È da più di un anno e mezzo che sta succedendo: “la fine del mondo “ davanti agli occhi di tutti.

Haute pa taghe alje boasabar aljas: Tv, internet, Jorneele, nieman mougan koun. I han gabist nist.

Oggigiorno tutti sappiamo tutto; tv, internet, giornali, nessuno può dire: non sapevo

nulla.

De laute sain ante hausadar, vouljas vungare, kuans bassar, pitan bombe bo ghian un ken, ante gariva.

La gente è senza case, piena di fame, senz’acqua, con le bombe che vanno e vengono senza tregua.

Gasperat iname presaune piteme oufan belt, se mougan nist fiegan hi.

Chiusi in una prigione a cielo aperto, non possono fuggire.

Vosteapa se bouse « mahan aus » alje.

Si capisce che vogliono farli fuori tutti.

De doturn (die nou lentak) bo arbatan ime Gaza siah-hausadar half gadarmast, koun saida vij un vij haiar gatoatat

I Dottori (…quelli sopravvissuti) che lavorano negli ospedali di Gaza semi distrutti, dicono che ci sono tanti e tanti bambini uccisi.

Die meruste hen altar louhar ume gasciessa ime koupfe odar ime kasse. Is pret se saiban gazarnirt uans for uans.

I più, hanno fori di proiettili nella testa o nel petto. Sembra che vengano mirati uno ad uno.

Bar mougasan namera tze segan baisse lailahar, borpiutat, deikan andre un naughe tooate. Kuans billesahe tuat aosu?

Non se ne può più di vedere lenzuola bianche, macchiate di sangue, che coprono altri e nuovi cadaveri. Nessun animale in natura si comporta così.

Bo saibar na tze ghian? Storja leart: ubal ruofat ubal.

Dove stiamo andando? La storia insegna: il male chiama il male.

Begne usarne jonghe, an tak, sunus vorsan; Ba hasto gatà tze mahan rivan diza gasaugara, ba subarin koun?

Quando i nostri giovani, un giorno, ci chiederanno: tu cosa hai fatto per far finire questa porcheria, cosa potremo rispondere?

Ich ruuofe die “starhe bo zeeln” un alje eben barandre… ta hepa nou a touklilja heertze bo mekat ign ime kasse; de zait ist borkangat, toubar, kanandar, aljas das bo mougapa, disa grooza gaschema muzzat ghian garist esan!

Mi rivolgo ai “potenti che contano” e anche a tutti noi… se si ha ancora un pezzetto di cuore che batte dentro al petto: il tempo è già scaduto, facciamo, assieme, tutto quello che si può, questa enorme vergogna deve finire subito!

A Tzimbar Menc

Fonte: una persona cimbra

Foto: internet, pixabay

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Stefano Valdegamberi

Stefano Valdegamberi, nato a Tregnago il 6 maggio 1970. Dopo il diploma di Maturità Classica, si è laureato in Economia e Commercio. È conosciuto principalmente per la sua figura di politico-amministratore in quanto già sindaco di Badia Calavena, comune ove risiede con la moglie e i tre figli e, in seguito, Assessore e Consigliere della Regione Veneto. Fin dagli anni del liceo ha sempre coltivato la passione per la storia, la linguistica e la cultura locale. Tra i suoi lavori ricordiamo “I nomi raccontano la storia” (2015), “De decimis novalibus” (2018), “Alle origini degli antichi comuni di Saline, Tavernole e Corno” (2021), “Le origini del linguaggio” (2022). È cultore della lingua cimbra, il Taucias Gareida, un tedesco medievale parlato dai suoi antenati della montagna veronese e tuttora usato da pochissimi parlanti del borgo di Giazza (Ljetzan). Il suo ultimo lavoro “Castelvero, la storia millenaria di un feudo vescovile e dei suoi abitanti”

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