Yiddish Blues

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Moni Ovadia in concerto sul palco di Folkest con Giovanna Famulari e Michele Gazich3 luglio – 20.45, Parco di Castello di San Daniele

Il 3 luglio alle 20.45, nello scenario del Parco di Castello di San Daniele del Friuli, va in scena Yiddish Blues, il concerto di Moni Ovadia ideato e creato con Giovanna Famulari (violoncello, voce e pianoforte)e Michele Gazich (violino, viola, voce, pianoforte, percussioni psicoacustiche). Con la direzione artistica e gli arrangiamenti di Famulari e Gazich, Yiddish Blues non è uno spettacolo teatrale, non è teatro canzone, ma è, per la prima volta, “il concerto di Moni Ovadia”. Sarà presentato a Folkest in anteprima nazionale ed è destinato a dar vita ad un album.

Yiddish Blues è un affondo poetico e musicale nelle culture dell’esilio, nella spiritualità dei popoli senza patria, nel dolore e nella resistenza trasformati in canto. Si apre con Es brent! (Sta bruciando!), la canzone-manifesto scritta nel 1936 da Mordechai Gebirtig che racconta l’incendio di una città come metafora di persecuzioni e ingiustizie. Prosegue con Gelem, gelem, l’inno del popolo Rom, che diventa cuore pulsante del concerto, ponte tra memorie nomadi e identità negate. Yiddish Blues è una costellazione di lingue, canti, racconti e suoni che sfuggono a ogni categoria. Un Blues non canonico e profondamente eretico, come lo definisce lo stesso Ovadia, fatto delle storie di chi è costretto a camminare, a sopravvivere, ma anche a cantare per esorcizzare il dolore. In scena si incontrano personaggi segnati dal maltamé, termine che nella parlata degli ebrei di Venezia indica il tormento dell’anima, e che trova eco nel più classico woke up this morning del blues afroamericano. Sul palco, Moni Ovadia dà voce e corpo a questo universo errante, accompagnato da due musicisti straordinari: Giovanna Famulari al violoncello, voce e pianoforte, e Michele Gazich al violino, viola, pianoforte, voce e percussioni psicoacustiche. Insieme hanno costruito un concerto che è rito laico, atto civile, esperienza poetica, un atto di memoria e resistenza. Le canzoni diventano ferite che parlano, strumenti contro l’oblio, melodie per le orecchie annoiate dei boia. Si berrà il latte nero dell’alba, citando Paul Celan, alla ricerca di un frammento di luce per i tempi bui che stiamo attraversando.
Yiddish Blues Moni Ovadia in concerto sul palco di Folkest con Giovanna Famulari e Michele Gazich 3 luglio – 20.45, Parco di Castello di San Daniele     Il 3 luglio alle 20.45, nello scenario del Parco di Castello di San Daniele del Friuli, va in scena Yiddish Blues, il concerto di Moni Ovadia ideato e creato con Giovanna Famulari (violoncello, voce e pianoforte)e Michele Gazich (violino, viola, voce, pianoforte, percussioni psicoacustiche). Con la direzione artistica e gli arrangiamenti di Famulari e Gazich, Yiddish Blues non è uno spettacolo teatrale, non è teatro canzone, ma è, per la prima volta, “il concerto di Moni Ovadia”. Sarà presentato a Folkest in anteprima nazionale ed è destinato a dar vita ad un album.   Yiddish Blues è un affondo poetico e musicale nelle culture dell’esilio, nella spiritualità dei popoli senza patria, nel dolore e nella resistenza trasformati in canto. Si apre con Es brent! (Sta bruciando!), la canzone-manifesto scritta nel 1936 da Mordechai Gebirtig che racconta l’incendio di una città come metafora di persecuzioni e ingiustizie. Prosegue con Gelem, gelem, l’inno del popolo Rom, che diventa cuore pulsante del concerto, ponte tra memorie nomadi e identità negate. Yiddish Blues è una costellazione di lingue, canti, racconti e suoni che sfuggono a ogni categoria. Un Blues non canonico e profondamente eretico, come lo definisce lo stesso Ovadia, fatto delle storie di chi è costretto a camminare, a sopravvivere, ma anche a cantare per esorcizzare il dolore. In scena si incontrano personaggi segnati dal maltamé, termine che nella parlata degli ebrei di Venezia indica il tormento dell’anima, e che trova eco nel più classico woke up this morning del blues afroamericano. Sul palco, Moni Ovadia dà voce e corpo a questo universo errante, accompagnato da due musicisti straordinari: Giovanna Famulari al violoncello, voce e pianoforte, e Michele Gazich al violino, viola, pianoforte, voce e percussioni psicoacustiche. Insieme hanno costruito un concerto che è rito laico, atto civile, esperienza poetica, un atto di memoria e resistenza. Le canzoni diventano ferite che parlano, strumenti contro l’oblio, melodie per le orecchie annoiate dei boia. Si berrà il latte nero dell’alba, citando Paul Celan, alla ricerca di un frammento di luce per i tempi bui che stiamo attraversando.   Folkest, per la direzione artistica di Andrea Del Favero, è realizzato dall’Associazione Culturale Folkgiornale ETS, grazie al sostegno della Regione Friuli Venezia Giulia, della Fondazione Friuli, dei comuni di San Daniele del Friuli e di Udine, di Banca 360 e degli Enti Locali degli oltre trenta comuni del Friuli Venezia Giulia coinvolti, di Abaco ViaggiCantina TavagnaccoCooperativa Itaca.   Gli Artisti
Moni Ovadia

Moni Ovadia, nato a Plovdiv in Bulgaria e cresciuto a Milano, proviene da una famiglia ebraica sefardita inserita nel contesto culturale yiddish e mitteleuropeo, elemento che segna profondamente tutta la sua opera artistica. Laureato in Scienze Politiche all’Università Statale di Milano, inizia parallelamente il suo percorso artistico sotto la guida di Roberto Leydi, esordendo come musicista e cantante nel Gruppo dell’Almanacco Popolare. Negli anni Settanta fonda il Gruppo Folk Internazionale, poi Ensemble Havadià, con cui partecipa a importanti festival folk europei. Polistrumentista (violino, chitarra, tromba), sperimenta un folk-progressivo innovativo per l’epoca, pubblicando diversi album. Collabora anche con gli Stormy Six e dà vita alla cooperativa “l’Orchestra”, prima etichetta indipendente italiana. La sua ricerca si concentra da sempre sulla memoria ebraica dell’Europa orientale, che reinterpreta in chiave musicale, teatrale e civile.   Giovanna Famulari

Giovanna Famulari è una musicista poliedrica, diplomata in violoncello presso il Conservatorio Giuseppe Tartini di Trieste. Artista a tutto tondo, è anche pianista, arrangiatrice e produttrice artistica, capace di spaziare con naturalezza dal pop al jazz, dalla world music alla contemporanea, fino al teatro musicale e alle colonne sonore. Con una carriera che unisce rigore classico e apertura alla sperimentazione, ha ricevuto importanti riconoscimenti come il Premio Pavoncella d’Oro e il Premio AILA 2018. Attiva in ambito teatrale e televisivo, ha collaborato con la Rai come compositrice e interprete in numerosi programmi radio e TV. Parallelamente ai suoi progetti solistici, lavora con artisti italiani e internazionali, portando il suono del suo violoncello sui palcoscenici di tutto il mondo, dall’Europa al Medio Oriente, fino al Sud America.   Michele Gazich Michele Gazich è musicista, poeta, produttore artistico, compositore, scrittore di canzoni. Opera professionalmente nel mondo della musica dall’inizio degli anni novanta: tour in Italia, Europa e USA, collaborazioni con cantautori italiani, europei e singer-songwriter statunitensi (Michelle Shocked, Mary Gauthier, Eric Andersen e Mark Olson); orchestre; spettacoli teatrali; performances di poeti; colonne sonore cinematografiche; università e conservatori italiani ed esteri. Michele Gazich, ad oggi, ha collaborato a più di cinquanta album e ne ha pubblicati dodici a suo nome. Più volte finalista alla Targa Tenco, ha partecipato ad album finalisti ai Grammy Award. Ha suonato al Senato Spagnolo, al Kennedy Center di Washington e al Billboard Auditorium di Tokyo. La sua è una dimensione di nomadismo artistico e di ricerca costante, che è diventata esistenziale.
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Direttore Claudio Gasparini

Giornalista, iscritto all'O.d.G. Veneto dal 1988, collaboro anche con altre testate giornalistiche cartacee, on-line e radiofoniche. Coautore del libro "Eccomi... una storia d'amore con Dio" pubblicato nel 2015. Cavaliere della Repubblica e dell'Ordine Equestre del Santo Sepolcro di Gerusalemme. Socio Lions, Officer e coordinatore della rivista distrettuale.

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